La scultura delle pievi

Capitelli medievali in Casentino e Valdarno

Walter Angelelli Francesco Gandolfo Francesca Pomarici
Collana: I libri di Viella. Arte
Pubblicazione: Novembre 2003
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Edizione cartacea
pp. 172, 248 ill. b/n, 21x29,7 cm, bross.
ISBN: 9788883341052
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Nel corso del Novecento lo studio della scultura di età romanica è venuto sempre più acquistando le caratteristiche di un ricercare, con assiduità e convinzione, delle coordinate di riferimento che permettessero di giustificare il fatto che certe caratteristiche formali si erano rese possibili solo grazie alla loro desunzione, da parte dei lapicidi, da contesti altri rispetto a quelli oggetto di indagine.

Oggi è ormai questione di assoluta attualità assumere una posizione critica nei confronti di quel metodo e affrontare una verifica di quelle che sono state le risultanze alle quali ha portato.

Partendo da queste considerazioni, si è cercato di impostare la ricerca nella direzione di una preliminare e imprescindibile comprensione dei criteri operativi messi in campo dai lapicidi nei diversi cantieri. Per questo la prima parte del libro è dedicata a una analisi, edificio per edificio, di tutte le pievi prese in considerazione, in virtù della presenza in esse di una plastica architettonica a carattere decorativo o figurato. Le constatazioni che vengono svolte in proposito sortiscono, anzitutto, in una diversa sistemazione nella successione cronologica degli interventi, mutando radicalmente quelle che erano state le conclusioni a cui si era arrivati in passato e individuando una diversa funzione reciproca dei vari cantieri, nel trasmettere certe determinate forme e modalità di resa. Nel fare questo ci si è affidati a quelle che potrebbero essere definite le risultanze ottiche, ossia una osservazione puramente visiva delle forme di resa di certi determinati tipi, cercando comunque di evidenziare tutti gli spunti utili a comprendere i percorsi operativi via via messi in pratica dai lapicidi per la loro realizzazione.

In uno spazio geograficamente e cronologicamente limitato, il cogliere le somiglianze tra i procedimenti utilizzati dai lapicidi, oltre a permettere di riconoscere quelli che sono i legami reciproci, definisce in maniera esemplare la qualità e le dimensioni della loro area culturale e ne aggancia, in maniera sostanziale, l’operato alla realtà e alle esigenze del territorio. Proprio per questo si è data particolare attenzione agli aspetti iconografici e iconologici, suggeriti dai capitelli presenti nelle diverse pievi, convinti del fatto che i lapicidi attivi in esse siano stati anche gli interpreti ideali delle esigenze comunicative, in termini ideologici, espresse dalla committenza e che il loro stile, sobriamente rustico, ne sia il riflesso descrittivo migliore, pienamente al livello delle sue pretese culturali. Attraverso questi differenti canali di indagine e di comunicazione si è cercato di arrivare a definire l’identità di un ambiente locale, senza soffocarne i lineamenti nell’inutile tentativo di riconoscerli e di qualificarli per confronto con quelle che sono caratteristiche altrui.

(dall’Introduzione di Francesco Gandolfo)

  • Introduzione
  • Santa Maria in Gradi ad Arezzo
    San Pietro a Gropina
    San Giustino a San Giustino Valdarno
    San Pietro a Cascia di Reggello
    Santa Maria a Pian di Scò
    San Romolo a Gaville
    San Martino a Vado
    Santa Maria a Montemignaio
    San Pietro a Romena
    Santa Maria Assunta a Stia
    Modalità esecutive e maestranze
    Considerazioni sull’iconografia
    Scultori lombardi in Toscana?
  • Bibliografia
  • Indice dei luoghi

Campagna fotografica delle sculture delle pievi del Casentino e del Valdarno superiore realizzata da Marcello Fedeli.
Elaborazione grafica delle piante di Carlo Soldatini.

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