Sondaggi retorici nelle epistole di Guiraut Riquier. Figure di ripetizione e proverbio
Monica Longobardi
Sondaggi retorici nelle epistole di Guiraut Riquier.
Figure di ripetizione e proverbio
Le quindici epistole di Guiraut Riquier meritano una nuova valutazione
retorica che valorizzi il loro impianto espositivo o argomentativo
attraverso quelle figure della concatenazione (anadiplosis,
gradatio, catena) responsabili della coerenza tematica e della
coesione testuale. Inoltre, una campionatura più attenta e più cospicua
dei proverbi e dei precetti, oltre a recuperare un modus epistolaris
tipico, marca in specie quelle epistole destinate alla lode o al
biasimo o ai più informali cosselh a fini pratici cui Guiraut Riquier
è ripetutamente sollecitato.
The fifteen epistles by Guiraut Riquier deserve a new
rhetorical evaluation which evidences their argumentative and
expository structure through connective figures of speech (anadiplosis,
gradatio, catena) responsible for their thematic coherence
and textual cohesion. Moreover, a more careful choice and
examination of conspicuous proverbs and precepts, besides
recuperating a typical modus epistolaris, reveals in particular
those epistles which are destined to receive praise or criticism or
more informal cosselh for practical purposes.
Il punto che vinse Dante in Paradiso
Corrado Bologna
Il «punto» che «vinse» Dante in Paradiso
La parola punto, che individua la più piccola realtà misurabile, è
assunta nella Commedia quale emblema dell’assoluta concentrazione
del nesso significante-significato. Dai versi iniziali («io non so
ben dire come io v’entrai, / tant’era pien di sonno in quel punto») fino
agli ultimi, sulla soglia della dichiarazione d’impotenza a dire
(«un punto solo m’è maggior letargo…»), punto è un vocabolo-pilastro
dell’architettura-Commedia. Perfetta «rappresentazione geometrica
della riduzione estrema» (Contini), attraverso un’analisi intesa
a cogliere il valore del dettaglio sulla scala del sistema-libro il
punto rivela una profonda ambiguità semantica: è il doppio del pernio
su cui fa centro il compasso del Creatore (del Mondo, del Testo),
e nel contempo il luogo mentale in cui il testo s’incrina, mostrando
la sua consustanziale, irrisarcibile fragilità. Alla fine del testo, proprio
là dove esso sembra ottenere la difficile saldatura tra forma e
contenuto, tra urgenza alla significazione e conquista del significato,
un “punto”, lo stesso (la ripresa verbale è impressionante) che «vinse
» Paolo e Francesca, allegoricamente “vince” anche Dante, la sua
vista e il suo intelletto, la sua “alta fantasia” creatrice.
In Dante’s Comedy, the word «punto» (‘point’), which indicates
the smallest reality that can be measured, is taken as an emblem of
the absolute concentration of the connection between signifier and
signified. From the initial verses («io non so ben dire come io
v’entrai / tant’era pien di sonno in quel punto») to the very last, just
before the poet declares his inability to speak, («un punto solo m’è
maggior letargo») the word «punto» constitutes a pillar in the
architecture of the Comedy. Contini calls it the perfect «rappresentazione
geometrica della riduzione estrema». Through an analysis
that captures the value of every detail on the scale of the booksystem,
the word «punto» reveals a profound semantic ambiguity:
on this point pivot the compasses of both creators, the Creator of the
world and the Creator of the text, but at the same time it is a mental
point at which the text seems to crack and show its consubstantial,
irredeemable fragility. At the end of the text, just where it seems to
achieve the difficult fusion of form and content, the reconciliation
between the urgency to signify and the achievement of signification,
the same «punto» that overwhelmed Paolo and Francesca, (the
verbal reiteration is striking), allegorically overwhelms Dante
himself, his sight, his intellect and his lofty creative imagination.
Il concetto di attenzione nello Zibaldone di Giacomo Leopardi
Andrea Malagamba
Il concetto di “attenzione” nello Zibaldone di Giacomo Leopardi
L’articolo analizza i pensieri dello Zibaldone relativi al concetto
di “attenzione”. Considerata da Leopardi il fondamento di ogni operazione
dell’intelletto umano, l’attenzione incrocia problematicamente
alcune questioni centrali del pensiero filosofico leopardiano:
l’assuefazione, la memoria, l’opinione, la verità, il caso.
This article analyses the reflections on the concept of
“attention” in the Zibaldone. Leopardi considered it the basis of
every operation of the human intellect and problems concerning
attention pervade many issues that are central to his philosophical
thought: inurement, memory, opinion, truth, chance.
L’art de la fugue. Ou de la littérature comme forme symbolique. À
propos de J. C. Cavallin, Poeta Faber, Verona 2003
In occasione della pubblicazione del saggio di Jean-Christophe
Cavallin, Poeta Faber (Verona 2003), l’A. si interroga sul senso
del metodo allegorico praticato dal critico francese specialista di
Chateaubriand. Rueff prova a individuare le condizioni di attuabilità
di tale critica, identificando due tipi di lettura allegorica: l’una
chiusa, classica, dove il testo è un sistema di codificazioni, l’altra
aperta, moderna, dove il testo non è più un’idealità in sé legata.
Queste due vie percorrono l’attività del critico e indicano una sfida
per la teoria letteraria contemporanea.
On the occasion of the publication of the essay, Poeta Faber,
the author examines the meaning of the allegorical method employed
by the French critic Jean-Christophe Cavallin, a specialist
in Chateaubriand. He tries to discover under what conditions this
kind of criticism is possible. He identifies two types of allegorical
reading: the first is closed, classical, whereby the text is a codified
system; the second, open and modern, the text no longer being
bound to an ideal. The critic follows both these methods. They
constitute a challenge to contemporary literary theory.
L'invasione degli ultratesti
Valerio Magrelli
L’invasione degli ultratesti
Aperto con la proposta di un modello di ricezione, imitazione
e citazione alternativo alle tesi di Harold Bloom sulla tradizione
come agone fra padri e figli, il testo termina con l’analisi di alcune
poesie di Valerio Magrelli in cui l’autore stesso esplicita la presenza
di spunti petrarcheschi interni alla propria opera.
The article begins by proposing an alternative model of
reception, imitation and quotation to Harold Bloom’s theory about
tradition as a competition between fathers and sons; it ends by
analysing a few poems by Valerio Magrelli in which the author himself
admits the presence of Petrarchan inspiration in his own work.
Lettura stilistica di Rerum vulgarium fragmenta 3010 (Zephiro torna e 'l bel tempo rimena)
Sergio Bozzola
Lettura stilistica di Rerum vulgarium fragmenta 310 («Zefiro torna
e ’l bel tempo rimena»)
L’articolo procede da un esame del tema paesaggistico nei
Fragmenta, abbozzandone una tipologia, sul parametro della sua
funzione rispetto al soggetto, per arrivare progressivamente all’interpretazione
del sonetto 310, nel quale il paesaggio, cessando di
prestarsi alle proiezioni del soggetto, si sottrae all’investimento
simbolico e diventa una sorta di segno opaco. L’analisi tematica è
incrociata con quella formale, che finisce per suggerire, sotto l’apparente
contrapposizione tematica tra il contenuto delle quartine (il
ritorno della primavera) e quello delle terzine (il ritorno dei sospiri),
una lettura disforica del testo.
The article starts by examining the landscape theme in the
Fragmenta and outlining a typology based on its function with respect
to the subject. It goes on to arrive at a progressive interpretation of
sonnet 310, in which the landscape no longer serves to project the
subject but sheds its symbolic aspect, becoming a kind of opaque
sign. The thematic analysis is combined with analysis of the form,
which ends up by suggesting a disphoric reading of the text, by
apparently counterpoising the thematic content of the quatrains (the
return of springtime) with that of the tercets (the return of sighs).
Spero trovar pietà, nonché perdono. Tradução e imitação no lirismo português do século XVI
Rita Marnoto
«Spero trovar pietà, nonché perdono». Tradução e imitação no lirismo
português do século XVI
Il ruolo fondamentale svolto dal petrarchismo, nel rinnovamento
della poesia portoghese del Cinquecento, contrasta con lo
spazio che, sul piano editoriale, è riservato alla traduzione dell’opera
di Petrarca. Questa situazione, per quanto opposta ad un
dialogo continuo con il Canzoniere, non corrisponde in alcun modo
ad un vuoto, in un movimento di ricezione dotato di particolare dinamicità.
Possiamo così parlare di traduzione in un senso allargato
e penetrante, con implicazioni che si estendono a tutto il poli-sistema
dell’epoca. Il presente articolo mostra che, nelle modalità di selezione
testuale e nella trasposizione in un nuovo contesto dell’ultimo
verso di «Voi ch’ascoltate», così come sono condotte da vari
poeti portoghesi del Cinquecento, si ritrovano rappresentate centralità,
slittamenti di significato e ricontestualizzazioni che consustanziano
la vitalità del poli-sistema dell’epoca.
The fundamental role played by Petrarchism in the renewal of
sixteenth-century Portuguese poetry contrasts with the actual space
reserved to the translation of Petrarch on the editorial level. This
situation by no means constitutes a void; it can be opposed to a continually
receptive and especially dynamic dialogue with the Canzoniere.
We can therefore speak of translation in a wide and deeply
penetrating sense, with implications that extend to the the whole
multiple system of the time. This article reveals the central influence
of Petrarch in the textual selection performed by various sixteenthcentury
Portuguese poets and shows how the last verse of «Voi ch’ascoltate
» was transposed and ricontextualised with shifts of meaning
that contributed to the vitality of the multiple system of the time.
La lirica di Michelangelo e i poeti savonaroliani
Giulia Ponsiglione
La lirica di Michelangelo e i poeti savonaroliani
A partire dalla comune radice petrarchesca si indagano i legami
tra le Rime di Michelangelo Buonarroti e la contemporanea lirica
savonaroliana. Attraverso la ripresa di una serie di rimanti e di
alcuni specifici motivi, si rintraccia la presenza di comuni linee di
ricerca poetica, evidenti, tra l’altro, nella riflessione sulla morte e
nella sottolineatura della caducità dei beni mondani.
This articolo investigates links between the Rime by Michelangelo
Buonarroti and contemporary Savonarolian lyrics. The
presence of a common poetic research is traced through a series of
rhymes and specific motifs. It is especially evident in reflections on
death and in the emphasis on the caducity of worldly goods.
Per il lessico di Guido Cavalcanti: sbigottire
Roberto Rea
Per il lessico di Guido Cavalcanti: «sbigottire»
La serie sbigottire, sbigottito, sbigottitamente, una delle più
eclatanti novità lessicali della lingua poetica cavalcantiana, muove,
molto probabilmente, dal recupero del provenzale esbair (a. fr.
esbahir), termine autorevolmente codificato nella tradizione lirica
trobadorica e oitanica per esprimere il turbamento amoroso
.
The lexical series sbigottire, sbigottito, sbigottitamente, one of
the most outstanding lexical innovations in Cavalcanti’s poetic
language, probably derives from the recovery of the Provençal
esbair (old Fr. esbahir), a term which was authoritatively codified
in the lyrical tradition of the troubadours and in the langue d’oïl to
express amorous emotion.