Critica del testo. VII/3, 2004.

Testata: Critica del testo • Anno di pubblicazione: 2005
Edizione cartacea
pp. 512 (p. 917-1428), ISBN: 9788883341786
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PDF • 9788883348709
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Sinalefe e dialefe: appunti per una tipologia degli incontri vocalici interverbali nella versificazione occitana
Enrico Zimei

Sinalefe e dialefe. Appunti per una tipologia degli incontri vocalici interverbali nella versificazione occitana
A partire da un campione limitato, ma ritenuto rappresentativo, l’articolo tenta di delineare la fenomenologia della dialefe e della sinalefe nella versificazione occitanica medievale. La classificazione tiene conto in primo luogo del timbro delle vocali coinvolte e, ove possibile, del profilo prosodico degli incontri. Ne emerge, a fronte di un’ampia gamma di possibili combinazioni dialefiche, un ventaglio assai ristretto per la sinalefe, limitata quasi solo agli incontri di vocali atone, circostanza per la quale, nei canzonieri trobadorici come nelle edizioni moderne, la sinalefe è in concorrenza con l’elisione.
This article attempts to outline the phenomenology of the dialoephe and synaloephe in medieval versification of the langue d’oc. The classification takes into account, above all, the timbre of the vowels involved and, wherever possible, the combination in the prosodic sequence. On the one hand, a wide range of possible combinations of dialoephe emerges; on the other, a very narrow range of synaloephe, limited almost entirely to the juxtaposition of unstressed vowels. Consequently, both in the troubadours’ canzonieri and in modern editions, synaloephe competes with vowel elision.


Allusioni abelardiane in Jacques d'Autun? : una nuova ipotesi di lavoro
Valerio Sanzotta

Allusioni abelardiane in Jacques d’Autun? Una nuova ipotesi di lavoro
L’articolo muove da alcune contraddizioni presenti nella canzone Douce dame, simple et plaisant, attribuita da un ramo della tradizione manoscritta al troviero Jacques d’Autun. Nel tentativo di rendere ragione delle aporie si presenta la possibilità che il poeta possa alludere alla storia di Abelardo ed Eloisa.
This article points out a few contradictions in the song Douce dame, simple et plaisant, attributed to Jacques d’Autun by one branch of the manuscript tradition. In an attempt to explain some ambiguities in the text, it is suggested that the poet may allude to the story of Abelard and Heloise.


Due canzonieri, un solo manoscritto? : a proposito di Paris, BnF fr. 765 (canzoniere L) e Bern, Burgerbibliothek 231 (canzoniere B)
Maria Carla Battelli

Due canzonieri, un solo manoscritto? A proposito di Paris, BnF fr. 765 (canzoniere L) e Bern, Burgerbibliothek 231 (canzoniere B)
Sulla base di un nuovo esame codicologico e paleografico si operano sistematici confronti tra due lacerti di canzonieri oitanici della fine del XIII secolo che tramandano liriche di Thibaut de Champagne e Gace Brulé. L’esame della tradizione testuale, della lingua, della riscrittura di alcuni luoghi delle liriche è complemento dell’indagine più strettamente materiale; tentando di razionalizzare le scritture seconde abbondanti nei margini dei frammenti si giunge a descrivere la probabile matrice culturale e scrittoria comune ai due codici.
On the basis of a new paleographical and codicological examination, this article carries out a systematic comparison of fragments from two song collections in langue d’oïl dating from the end of the thirteenth century, which transmit the lyrics by Thibaut de Champagne and Gace Brulé. Besides work on the material itself, the article includes complementary research on the textual tradition, the language, and the places in which some of the lyrics were rewritten. By trying to rationalise the plentiful secondary writings in the margins, we have managed to describe the probable cultural matrix common to both fragments.


Prosa 3 di Roman de Troie : analisi sinottica fra tradizione e traduzione
Fabrizio Costantini

Prosa 3 di Roman de Troie: analisi sinottica fra tradizione e traduzione
A partire da un raffronto sinottico fra i testimoni della terza prosificazione del Roman de Troie, l’analisi comparativa, attraverso l’individuazione di specifici loci critici, viene estesa al modello in versi di Benoît de Sainte-Maure, alle altre prosificazioni e alla diretta traduzione italiana di Prosa 3 (Istorietta troiana), secondo un duplice livello di indagine macro/micro-testuale. La ricerca ha la finalità di indagare le dinamiche e i rapporti che legano i testi presi in esame: particolare attenzione è rivolta alla Prosa 3, su cui si riflette circa l’origine e la diffusione.
This article starts with a synoptic comparison of examples from the third prose version of the Roman de Troie and the identification of specific loci critici. This comparative analysis is then applied at both a macro and microtextual level to the verse edition by Benoît de Sainte-Maure, to other prose versions and to the Italian translation of Prosa 3 (Istorietta troiana). The aim of the research is to discover the dynamics underlying the texts examined and the relations between them. Particular attention is paid to the origin and distribution of Prosa 3.


Il provenzale e lo stemma codicum nella Commedia
Arianna Terzi

Il provenzale e lo stemma codicum nella Commedia
La ricerca si propone di verificare l’ipotesi secondo la quale il macrotesto in provenzale incastonato da Dante nella Commedia, in virtù di una supposta scarsa competenza dei copisti di quella lingua, si caratterizza quale area privilegiata per un’indagine sulla tradizione manoscritta impostata lachmannianamente. Gli errori direttivi estratti dalla collazione dei codici dell’antica vulgata in relazione ai versi 140-147 del canto XXVI del Purgatorio hanno fornito un’immagine stemmatica confrontabile con le acquisizioni della secolare ecdotica applicata al poema nella sua integrità; la pietra di paragone di questa ricerca è rappresentata dagli stemmi proposti da Casella, Petrocchi e Sanguineti. I risultati dell’indagine, confortati da più minute e complete analisi per i tre codici che hanno trovato una collocazione “eterodossa” nello stemma che si propone (Po, La, LauSc), hanno dimostrato la sostanziale equivalenza della collazione degli otto versi in provenzale del Purgatorio con quella estesa all’intera Commedia, confermando l’alta significatività in termini ecdotici di questo luogo del poema, al riparo – anche se non del tutto esente – dalle perturbazioni di una tradizione attiva sul testo. L’analisi storico-linguistica delle diverse testimonianze dei codici può inoltre fornire uno strumento per lo studio della persistenza e della penetrazione della conoscenza della lingua d’oc nell’Italia centro-settentrionale della metà circa del XIV secolo.
The object of this article is to verify the hypothesis according to which, by virtue of the supposed incompetence of Provençal scribes, the macrotext in that language that Dante inserted in the Commedia constitutes a privileged field for research into the manuscript tradition, according to the method adopted by Lachmann. The errors extracted from the collation of the codices in the ancient vulgate in relation to verses 140-147 of canto XXVI of the Purgatorio have provided an emblematic image comparable to those acquired by textual criticism in the course of centuries and applied to the poem as a whole. The touchstone of this research is represented by the emblems put forward by Casella, Petrocchi and Sanguineti. The result of our research, which includes a particularly detailed and complete analysis of the three codices (Po, La, LauSc) in which the emblem proposed is collocated in a “heterodox” manner, demonstrates the substantial equivalence of the collation of the eight Provençal verses in the Purgatorio to that extended to the Commedia as a whole, and confirms the profound significance in ecdotic terms of this part of the poem. It is protected, even if not entirely isolated, from the disturbances in the text caused by an active tradition. The historical-linguistic analysis of different examples of the codices can furthermore provide a tool for studying the persistence and the penetration of the langue d’oc into northern and central Italy in the first half of the fourteenth century.


Brevi note su Marie de Meulan (ca. 1000-1060), un'improbabile Marie de France
Carla Rossi

Brevi note su Marie de Meulan (~1000-1060), un’improbabile Marie de France
Nel 1932 U. T. Holmes suggerì di identificare Maria di Francia con Marie de Meulan: la proposta non fu mai debitamente vagliata dalla critica, che invece di interrogarsi sull’esistenza di fonti storiche a possibile fondamento di questa congettura, ha accettato di buon grado l’affascinante idea di fare di un’ipotetica figlia di uno dei milites litterati dell’Inghilterra anglo-normanna, Galeran IV de Meulan, la più nota autrice del mondo medievale romanzo. Nel 1995, Yolande de Pontfarcy (anche grazie ai numerosi contributi pubblicati dal 1932 in poi da vari critici per avallare l’ipotesi di Holmes), giungeva alla conclusione in base alla quale, solo ipotizzando che Maria di Francia e Marie de Meulan siano la stessa persona, si possa risolvere la vexata quaestio dell’identità dell’autrice. Nessuno ha provveduto, sino ad oggi, a verificare l’esistenza materiale, negli archivi, di questa dama, cui la critica ha dato non solo un padre, Galeran IV de Meulan, un lignaggio, quello dei Beaumont, e un marito illustre, Hugues Talbot, ma anche un albero genealogico corredato da date che paiono certe e sicure, senza il supporto della benché minima prova documentale. Ma se tra le carte d’archivio degli anni che vanno dal 1150 al 1210 non troviamo traccia né di una Marie, figlia di Galeran IV de Meulan, né del suo presunto marito Hugues Talbot, da dove nasce l’equivoco? Dobbiamo supporre che Holmes fosse in cattiva fede? Più semplicemente, come documentato nel presente articolo, c’è stata una banale confusione, una cattiva lettura delle carte d’archivio, perché proprio negli archivi è ampiamente attestata l’esistenza di una Marie de Meulan, nata, però, attorno all’anno Mille, in Francia, da Waleran II de Meulan (un avo di Galeran IV) e sposa, attorno al 1020, di Hugues Talbot de Cleuville, nato nel 995 circa.
In 1932, U.T. Holmes put forward the idea of identifying Mary of France with Marie de Meulan. The proposal was never seriously examined by critics who, instead of enquiring into the possible historical sources underlying this theory, readily accepted the fascinating idea of making the hypothetical daughter of one of the milites litterati of Anglo-Norman England, Galeran IV de Meulan, into the most famous authoress in the world of medieval romance. In 1995, Yolande de Pontfarcy (also thanks to the numerous articles published from 1932 onwards by critics confirming Holmes’s suggestion) came to the theoretical conclusion that only by hypothesising that Mary of France and Marie de Meulan were the same person can the vexata quaestio of the writer’s identity be solved. No one has hitherto attempted to verify this lady’s actual existence in the archives, although she has been attributed not only a father, Galeran IV de Meulan, a lineage, that of the Beaumonts, and an illustrious husband, Hugues Talbot, but also a family tree with dates that are given as certain and confirmed, but without the support of any documented proof. Since we can find no trace whatsoever either of a Marie, daughter of Galeran IV de Meulan, nor of her supposed husband Hugues Talbot, in any papers in the archives of the years between 1150 and 1210, where did the mistake arise? Are we to think that Holmes was not in good faith? On the contrary, as this article shows, there has merely occurred a banale confusion, a careless reading of the papers in the archives. The existence of one Marie de Meulan is clearly documented in the archives; she was born in France, however, in about the year 1000. Her father was Waleran II de Meulan (an ancestor of Galeran IV) and, in about the year 1020, she married Hugues Talbot de Cleuville, who was born around 995.