Bonifacio Calvo alla corte di Alfonso X : la regalità assente
Simone Marcenaro
Bonifacio Calvo alla corte di Alfonso X: la regalità assente
I tre sirventesi che Bonifacio Calvo compose alla corte castigliana
di Alfonso X sono in stretto rapporto con la formazione del consenso
attorno alla sovranità del Rey Sabio. A fronte di un silenzio pressoché
totale dei trobadores galego-portoghesi, la figura di Alfonso si caratterizza
in questi e in altri testi provenzali per la sua contraddittorietà e
per la progressiva perdita delle principali funzioni regali.
The three sirventes written by Bonifacio Calvo at the Castilian
Court of Alfonso X develop a close relationship with the buildings
of the sovereignty of the “learned King”. Despite the silence of
Galician-Portuguese trobadores, Bonifacio’s poems and other
Provençal texts spread Alfonso’s contradictions and the subsequent
progressive loss of the most important regal functions.
Boccaccio alla Sapienza: un frammento sconosciuto
del Filocolo (e alcune novità intorno ad Andrea Lancia)
Nella raccolta di originali conservati presso la Biblioteca del
Dipartimento di studi sulle società e culture del medioevo dell’Università
di Roma “La Sapienza”, ancora privi di un catalogo, è stato
rinvenuto un frammento finora sconosciuto di un codice di probabile
origine fiorentina, risalente agli inizi del sec. XV, nel quale era
trascritto il Filocolo di Giovanni Boccaccio. Il copista si serve di un
particolare segno diacritico per evidenziare la presenza dell’accento
sulla terza persona verbale del verbo essere; l’iniziatore di tale uso
fu forse Andrea Lancia, secondo quanto attestato dai suoi manoscritti
autografi; ad essi si deve aggiungere un codice qui segnalato per
la prima volta contenente il volgarizzamento delle Esposizioni dei
Salmi di Agostino e la Somma di vizi e di virtù di Guglielmo Peraldo,
caratterizzato da molte notazioni di mano del Lancia apposte in
margine e in interlinea.
Among the manuscript materials housed in the library of the
Dipartimento di Studi sulle Società e Culture del Medioevo at the
University of Rome “La Sapienza”, I have come across a fragment,
hitherto uncatalogued and unknown, which belongs to a Florentine
manuscript datable to the beginnings of the XVth century in which
part or all of Boccaccio’s Filocolo was copied, and which is notable,
among other things, because the person responsible for copying the
text used a special sign to distinguish e ‘and’ from è ‘is’. Maybe
Andrea Lancia initiated this use, as the very same sign can be found
in his autograph manuscripts. I have discovered some previously
unattributed autograph notes written by Lancia in the margins of
a manuscript containing a volgarizzamento of the Esposizioni dei
Salmi di Agostino and of the Somma di vizi e di virtù by Guglielmo
Peraldo, in which again that particular diacritic is to be found.
Fragmento de un index colocciano del cancionero provenzal M (Vat. lat. 4817, ff. 274r*v)
Gerardo Pérez Barcala
Fragmento de un index colocciano del cancionero
provenzal M (Vat. lat. 4817, ff. 274r-v)
Questo articolo è incentrato sulla figura di Angelo Colocci
come studioso della lirica provenzale e, in particolare, sulle ricerche
compiute dall’umanista a partire dal canzoniere M, del quale diventa
proprietario nel 1515. Concretamente, questo lavoro si propone di
studiare ed editare il frammento di un vocabolario che, nel quadro
della produttiva attività di intavulare sviluppata da Colocci, questi
elaborò per il suddetto canzoniere provenzale, e che si conserva in
uno dei più ricchi codici di lavoro dell’ umanista, il Vat. lat. 4817.
This article focuses on Angelo Colocci, a major scholar of
Provençal poetry, and, more specifically, on Colocci’s study of the
canzoniere M which he acquired in 1515. The aim of the study is,
more specifically, to study and edit a fragment of the vocabulary
which Colocci elaborated for its inclusion in the aforementioned
collection as part of his intavulare activity. This fragment is preserved
in Vat. Lat. 4817, one of Colocci’s richest notebooks.
Trovatori ottocenteschi: le letture carducciane di Raimbaut de Vaqueiras, Bernart de Ventadorn, Jaufre Rudel
Sonia Maura Barillari
Trovatori ottocenteschi: le letture carducciane
di Raimbaut de Vaqueiras, Bernart de Ventadorn, Jaufre Rudel
L’articolo si propone di indagare l’attività di Carducci romanista,
con una particolare attenzione ai saggi che nel lungo arco di
tempo in cui tenne la cattedra di Filologia romanza presso l’ateneo
bolognese egli dedicò alla lirica trobadorica, ed in particolare
a Raimbaut de Vaqueiras, Bernart de Ventadorn, Jaufre Rudel.
L’analisi mette in luce come un approccio ancora sostanzialmente
sovradetermitato da interessi di natura storicistica – e lo testimonia
la piena fede accordata alle vidas – appaia comunque bilanciato da
un parallelo ed equivalente interesse rivolto al dato retorico, interesse
che apre la strada a un’interpretazione della produzione dei
trovatori in termini di «poesia formale». In questa succinta disamina
costituisce un capitolo a sé l’analisi del saggio intitolato a Jaufre
Rudel le cui vicende esistenziali – desunte dall’antica biografia provenzale
– sono considerate la fonte ispiratrice del Consalvo di Leopardi:
un’ipotesi che si dimostrerà fallace ma che indusse Carducci a
comporre la sua famosa romanza dedicata al principe di Blaia.
The article deals with Carducci as a Romance philologist, with
special attention to the essays he dedicated to the troubadours when
at the University of Bologna, where he held the chair of Comparative
History of Romance Literatures. Particularly interesting are his
contributions on Raimbaut de Vaqueiras, Bernart de Ventadorn,
and Jaufre Rudel, which show his methodology – the amount of
credit, for example, he gave to the vidas as well as his sensitivity
towards rhetorics and style which enables him to approch their lyric
as «formal poetry». Separate consideration is given to Carducci’s
studies on Jaufre Rudel whose biography – drawn from the ancient
provençal biography – is considered the inspiring source of
Leopardi’s Consalvo: a misleading hypothesis which nevertheless
inspired Carducci to compose a lyric on the prince of Blaia.
La tenacia delle immagini : viaggio esplorativo nella Spoon River di Fabrizio De André
Giuliana Zeppegno
La tenacia delle immagini: viaggio esplorativo
nella Spoon River di Fabrizio De André
Il saggio prende in esame il rapporto che intercorre tra le canzoni
dell’album Non al denaro non all’amore né al cielo di Fabrizio
De André e le poesie della Spoon River Anthology − tradotte in italiano
da Fernanda Pivano − cui esse si ispirano: a una ricognizione
generale dell’opera del cantautore italiano e del suo approccio
al testo letterario segue l’esame dettagliato dei testi di tre dei nove
componimenti (Un giudice; Un malato di cuore; Un blasfemo), particolarmente
esemplificativi della gamma di interventi formali e tematici
operati dall’adattamento e del lavoro di riscrittura critica cui
le canzoni sottopongono i testi originali.
The essay analyzes the existing relation between Fabrizio De
André’s album Non al denaro non all’amore nè al cielo and the
Spoon River Anthology poems – translated into italian by Fernanda
Pivano – by which the songs have been inspired. A general analysis
of De André’s work and approach to the literary text is followed by
the detailed examination of three of the nine lyrics in the album (Un
giudice; Un malato di cuore; Un blasfemo), which exemplify the
range of formal and thematic variations introduced and the critical
rewriting of the original texts the songs carry out.
Orazio e l'ars poetica dei primi trovatori
Corrado Bologna
Orazio e l’ars poetica dei primi trovatori
Il saggio muove dall’ipotesi che la poesia di Orazio, in particolare
l’Ars poetica oraziana, sia stata conosciuta, studiata e discussa
dai primi trovatori, i quali nell’elaborare le loro poetiche “implicite”
sembrano riflettere su alcuni dei grandi temi posti al centro della
riflessione dal grande auctor antico. In particolare si propone di riconoscere
un influsso dell’oraziano scribendi recte sapere nell’idea
rudelliana di bos sabers, e un richiamo alle categorie di simplex et
unum e di totum nel dibattito intorno al vers entiers opposto al vers
frag, soprattutto in Marcabru e in Peire d’Alvernha.
L’insistenza di Orazio sul valore di una scrittura capace di saldare
il momento estetico e quello etico-formativo sembra riverberarsi nella discussione intorno alle finalità e alle modalità dell’ispirazione
lirica. Un esplicito richiamo all’Ars poetica viene indicato
in una lirica di Bernart Marti, nella quale la traduzione letterale in
provenzale (eu sembli be la cot / que non talh’ e fa.l fer talhar) di un
celebre principio oraziano (Ergo fungar vice cotis, acutum / reddere
quae ferrum valet exors ipsa secandi) sostiene, in polemica con
Guglielmo IX, l’ethos di una scrittura poetica elaborata attraverso il
faticoso affinamento insieme formale e morale.
The essay moves from the hypothesis that Horace’s poetry,
especially the Ars Poetica, was known, studied and discussed by
early troubadours. In fact, while creating their “unvoiced” poetics,
they seem to consider some of the great themes the ancient auctor
discusses. In particular, the essay aims at identifying the influence
of the Horacian scribendi recte sapere on Rudel’s idea of bos
sabers. Moreover it identifies a connection between the debate on
vers entiers vs vers frag in Marcabru and Peire d’Alvernha, to the
Horacian categories of simplex et unum and totum.
The importance Horace gives to writing as the point of
connection between aesthetics and ethics, beauty and education
seems to be reflected in the discussion about lyric inspiration which
can be found in a lyric by Bernart Marti in which it is possible to
recognize the literal translation in Occitan (eu sembli be la cot / que
non talh’ e fa.l fer talhar) of a famous Horacian principle (Ergo
fungar vice cotis, acutum / reddere quae ferrum valet exors ipsa
secandi). The Occitan verse argues – in opposition with William
IXth - in favour of an idea of poetry which results from a formal and
moral refinement, carried out in parallel.
Orazio e i trovatori : le glosse provenzali del ms. Par. lat 7979
Marco Bernardi
Orazio e i trovatori: le glosse provenzali del ms. Par. lat. 7979
Il saggio offre un contributo allo studio della fortuna medievale
di Orazio in ambito volgare e nello specifico all’ipotesi della sua
conoscenza da parte dei trovatori. Esso si sofferma sull’esame del
sistema di glosse e annotazioni di un ms. oraziano francese dell’XIXII
sec. (Par. lat. 7979). La presenza di neumi aquitani relativi ad
alcune Odi permette infatti di ricondurre la circolazione del cod.
all’area geografica in cui operarono i trovatori. Le glosse del codice
ne rivelano la natura di prodotto di scuola probabilmente appartenuto
ad uno o più di quei maestri a cui era affidato l’insegnamento
elementare congiunto di grammatica (latino) e cantus. La presenza
nel testo di glosse provenzali (riconducibili probabilmente all’area
pittavino-limosina) che sembrano rivelare una compenetrazione tra
il mondo della scuola e quello della corte fanno del codice un indiretto
testimone di un possibile contatto dei trovatori con la poesia di
Orazio.
This essay is a contribution to the study of the medieval fortuna
enjoyed by Horace. Did the troubadours know his poetry? The
author studies the system of glosses and annotations of a French
manuscript from the XI-XIIth cent. (Par. Lat. 7979) which contains
texts by Horace. The presence of ‘aquitanian neumes’ may indicate
the presence of the manuscript in Provençal circles. The glosses
contained in the ms. also reveal that it must have been used in a school
context, probably by teachers engaged in elementary instruction of
Latin and singing. The presence in the text of Provençal glosses
(probably from Poitou and Limoges) would indicate a connection
between school and court, making the manuscript a possible
testimony of contacts bewteen troubadours and Horace’s poetry.