Il 7 maggio 558, poco più di vent’anni dopo l’inaugurazione nel 537, crolla la cupola di S. Sofia; la ricostruisce Isidoro il Giovane, e il 24 dicembre 562 la chiesa viene riconsacrata. Ma cosa ha veramente fatto Isidoro il Giovane in 4 anni, 10 mesi e 15 giorni? La S. Sofia di Giustiniano che oggi possiamo ammirare a Istanbul quanto ha conservato dell’antica costruzione e quanto è invece opera del geniale Isidoro?
Isidoro, come dimostra questo libro, ha dovuto innanzi tutto capire le ragioni del crollo e poi elaborare un progetto che si fondasse sull’imprescindibile principio della stabilità, ed è stato per questo costretto a ridefinire gli spazi e ridecorare le superfici interne.
Al rafforzamento dei piloni centrali e allo spostamento dei colonnati centrali delle gallerie verso l’esterno per riportarli alla verticalità, seguono così gli interventi che conferiranno a S. Sofia l’aspetto che conosciamo oggi. Con un’attenta operazione di riuso dei materiali esistenti, Isidoro arretra verso l’esterno le basi, le colonne, i capitelli, i blocchi della cornice, i plutei; e questa operazione lo conduce, se non lo obbliga, a ridecorare quasi tutto l’interno, rifacendo l’opus sectile, i mosaici, l’altare e gli arredi. E quindi, per rispondere alla domanda posta all’inizio: anche se i pavimenti sono restati in gran parte quelli del 532-537, è attraverso la rimodulazione degli spazi e delle decorazioni realizzata da Isidoro il Giovane nel 558-562 che la Haghia Sophia di Giustiniano, così come la vediamo, è giunta fino a noi. Ed è perciò solo attraverso la conoscenza dell’opera di questo architetto che possiamo valutare appieno uno dei capolavori riconosciuti dell’architettura mondiale.
Questo volume è stato pubblicato grazie al contributo della Asset Banca S.p.A.