Esercizi sul cronotopo 2. «Ce est la roe de Fortune». La Mort le roi Artu
Antonio Pioletti
Esercizi sul cronotopo 2. «Ce est la roe de Fortune». La Mort le
roi Artu
L’Autore si propone di analizzare il tempo e il cronotopo del
racconto della fine del «tempo d’avventura» ne La Mort le roi Artu,
romanzo in prosa francese medievale dei primi decenni del XIII
secolo. Dopo aver preso in esame le categorie di prova, avventura
e “tempo d’avventura”, precisando in particolare il carattere composito
di quest’ultima, si individua nel “tempo di Fortuna” il nuovo
orizzonte entro cui s’inscrivono le sorti dei cavalieri in luogo
dell’avventura stessa e si ricostruisce il sistema cronotopico del testo,
il modo cioè in cui dialogano cronotopi diversi, che vedrebbe
dominante quello della “letterarietà”.
The author aims at investigate the time and the chronotope in
the narration of the end of the “adventure time” in La Mort le roi
Artu, a Medieval French novel written in the early XIII century.
After analysing the categories of challenge, adventure and “time of
adventure”, and particularly specifying the complexity of the latter,
the author identifies the new horizon within which the knights’ fates
are defined, that is the “time of Fortune” rather than the adventure
itself; the author reconstructs also the chronotopic system of the
text, i.e. the way in which the different chronotopes interact and the
“literary one” proves apparently prevailing.
«Semper timet amans». Ragioni “politiche” del timor amoroso nel De amore di Andrea Cappellano
Luca Cadioli
«Semper timet amans». Ragioni “politiche” del timor amoroso nel
De amore di Andrea Cappellano.
In apertura del De Amore di Andrea Cappellano, a ridosso della
più celebre definizione di amore del Medioevo, ricorre per ben dieci
volte il termine timeo, variamente declinato. L’articolo si propone
di indagare le ragioni di una tanto massiccia presenza del “timore”
in questo luogo chiave per le letterature romanze, individuandole
specialmente in fattori politici, economici e sociali: «semper timet
amans», ma chi più teme sembra essere il plebeius.
At the beginning of Andreas Capellanus’ De Amore, the term
timeo is found no fewer than ten times, next to the most notorious
medieval definition of love. The article aims at investigate the
reasons behind the massive presence of “fear” in this key locus of
Romance literature. The main political, social and economic factors
behind this combination will be identified. They say «semper timet
amans», but the one fearing the most seems to be the plebeius.
Auzelhs de lonh
Gaia Gubbini
Auzelhs de lonh
Nell’incipit della celeberrima canzone rudelliana Lanquan li
jorn son lonc en mai, Jaufre istituisce un corto circuito fra il dolce
canto degli auzelhs de lonh e il ricordo dell’amor de lonh: il contributo
indaga i possibili paralleli in ambito retorico e lirico di tale collegamento.
In particolare, risulta illuminante un passo contenuto nel
IV libro della Rhetorica ad Herennium, nella sezione relativa alle
figure retoriche, e segnatamente in uno degli esempi addotti dall’autore
ad illustrare l’annominatio.
At the start of his famous canso Lanquan li jorn son lonc en mai
Jaufre Rudel establishes a connection between the sweet singing of
far away birds (auzelhs de lonh) and the remembrance of far away
love (amor de lonh). This paper examines such a connection in the
rhetorical and lyrical literature, pointing out the relevance of the
Rhetorica ad Herennium, where in book IV, on rhetorical figures,
such a link is used in an example for annominatio.
Characters, Society and Nature in the Chevalier de la Charrette
Anatole Pierre Fuksas
Characters, Society and Nature in the Chevalier de la Charrette (vss.
247-398)
La disamina analitica di un segmento cruciale del Chevalier de la
Charrette di Chrétien de Troyes (vv. 247-398) consente di osservare
come la descrizione dell’ambiente naturale e sociale che caratterizza
il romanzo cortese medievale sia proporzionale a quella delle opportunità
di azione che consentono di articolare e sviluppare i suoi temi
principali. Per questo motivo l’ecologia del romanzo medievale in
versi situa il cavaliere e la sua etica cortese al centro di un sistema descrittivo
che rispecchia in maniera strettamente congruente i modelli
sociali e culturali vigenti. Da queste valutazioni consegue un’idea del
concetto di “realismo”, che consente di spiegare perché il cosiddetto
“romanzo fantastico d’avventura” e il cosiddetto “romanzo sociale
polifonico” si dimostrino compresenti all’interno del medesimo sistema
di riferimento attraverso tutta la storia del genere.
The analytic assessment of the vss. 247-398 from Chrétien de
Troyes’ Chevalier de la Charrette makes it possible to show that the
description of the natural and social environment is proportional to
the description of opportunity for actions required by the novel for
the development of its main themes. Accordingly, the ecology of the
medieval verse novel revolves around the knight and his courtly ethos
and emerges from descriptive systems which are based on current
social and cultural models. Such remark leads to an idea of “realism”
which allows to explain why so-called “fantastic adventure novels”
and so-called “polyphonic social novels” have been part of the very
same literary system throughout the whole history of the genre.
«Merci» e «bone volentez»: un’ipotesi su Chrétien e Dante
Giuliano Rossi
«Merci» e «bone volentez»: un’ipotesi su Chrétien e Dante
Intervenendo nel celebre débat trobadorico sulla natura d’amore,
con la canzone D’amors, qui m’a tolu a moi, Chrétien de Troyes
immette nel circolo della polemica tristaniana due elementi fondamentali
e tra loro connessi: la “merci” e la “bone volentez”. Variamente
declinata, la questione delle reciproche implicazioni tra
“mercé” e “buona voglia” costituisce uno dei nodi dell’ascendente
probabilmente esercitato da Chrétien sulla poesia italiana antica,
con rilievo particolare in Gunizzelli. Su questa base l’A. ipotizza
che la ripresa in sede lirica del tema da parte di Dante possa costituire
la traccia significativa di una relazione diretta con il testo di
Chrétien, preludio necessario alla soluzione inedita del rapporto tra
“buona voglia” e “mercé” successivamente stabilita da Dante stesso
nell’orizzonte nuovo della Commedia.
Chrétien de Troyes’ contribution to the renowned troubadouric
débat on the nature of love, the song D’amors, qui m’a tolu a moi,
introduces two fundamental and interconnected elements into the
tristanian controversy: the “merci” and the “bone volentez”. Variously
declined, the issue of the reciprocal implications between “mercé”
and “ buona voglia” is one of the determining factors of Chrétien’s
influence on ancient Italian poetry, particularly in Guinizzelli. From
this purview the A. advances the thesis that the fact in his lyrics
Dante takes the topic up again is a relevant indication of a direct link
with Chrétien’s text. In this way Dante takes the first step towards
the novel solution of the relationship between “buona voglia” and
“mercé” later established in the new perspective of the Commedia.
Stupor mundi re-addressed
Rodney Lokaj
Stupor mundi re-addressed
L’articolo in questione si configura come omaggio al maestro
scomparso Giorgio Brugnoli e come continuazione di un suo lavoro,
in cui aveva riconosciuto l’intrinseca valenza satirica del famoso
epiteto stupor mundi coniato da Matteo Paris all’indomani della
morte di Federico II Hohenstaufen. Lokaj sviluppa ulteriormente
tale assunto esegetico analizzando la seconda parte della stessa
stringa, immutator mirabilis, alla luce di tutto il contesto in morte
dell’imperatore.
This article is a homage to Giorgio Brugnoli and the continuation
of a work by him in which he had ascertained the intrinsic satirical
value of the famous epithet stupor mundi coined by Matthew Paris
on the death of Frederick II Hohenstaufen. Lokaj develops this
exegetical assumption by analysing the second part of the same
expression, immutator mirabilis, against the full context of Matthew
Paris’ entry on the death of the emperor.
Mahestre Godofré nella Primera e Segunda Parte della General Estoria
Marta Materni
Mahestre Godofré nella Primera e Segunda Parte della General Estoria
L’articolo, seguendo il modello di contributi analoghi che caratterizzano
un filone degli studi dedicati alla General Estoria, intende
analizzare in dettaglio le modalità di utilizzo di una singola fonte, il
Pantheon di Godofredo da Viterbo, all’interno del tessuto narrativo
delle storie alfonsine. Benché spesso relegato al ruolo di “fornitore”
di dettagli, il Pantheon offre all’équipe alfonsina interessante materiale,
utile per delineare la caratteristica figura di sovrano cara a
Alfonso X: cioè quella del re-imperatore, sapiente e legislatore.
Following the model of analogous articles characterizing
a specific course of studies dedicated to the General Estoria, the
article analyses in detail the use of a single source, Godofredo from
Viterbo’s Pantheon, inside the narrative “texture” of Alphonsine
histories. Although the Pantheon is often relegated to supply
the history with more or less little details, nevertheless it offers
to Alphonsine équipe some interesting material for tracing the
characteristic royal figure preferred by Alfonso X: that is, a kingemperor,
learned and legislator.
Tradición, creación y contexto en la poesía oral antigua. Las tres morillas y la maurofilia temprana
Vicenç Beltran
Tradición, creación y contexto en la poesía oral antigua. Las tres
morillas y la maurofilia temprana
Il componimento noto come Las tres morillas ci è stato trasmesso
dal Cancionero Musical de Palacio insieme a una versione cortese,
non molto riuscita. Lo studio in parallelo delle due versioni consente
di ricostruire il codice letterario che ha permesso a suo tempo
la reinterpretazione del testo come una serranilla e, dunque, la sua
inclusione nel suddetto canzoniere, quando doveva trattarsi di un
componimento ormai molto antiquato a quell’altezza cronologica.
Al di là della loro apparente innocenza, entrambe le versioni sembrano
vincolate innanzitutto all’intenzione ufficiale di assimilare i
mudéjares mediante la conversione; in secondo luogo, appaiono legate
ai problemi relativi alla ribellione del 1500-1502. D’altra parte,
l’identificazione del genere a cui si ascrivono e le somiglianze con
altri testi glossati due volte nello stesso canzoniere permette la costruzione di ipotesi sulla relazione fra musica e poesia e fra la lirica
orale e il pubblico cortese.
Besides the known version, the poem Las tres morillas has been
transmitted in the Cancionero Musical de Palacio with a courtly but
unskilful version. The study in parallel of the two versions enables
us to reconstruct the literary code that allowed its reinterpretation as
a serranilla and, therefore, its inclusion in this cancionero, when it
should be already an outmoded poem. After their apparent innocence,
both texts seem linked first with the official intention of assimilating
the Mudejars through conversion, then with the problems regarding
the rebellion of 1500-1502. Moreover, the identification of the
generic code they resemble and the similarities with other texts
glossed twice in the same cancionero allow the construction of
hypotheses about the relationship between music and poetry and
between oral poetry and the courtly public.
La consecuzione De vulgari eloquentia – Commedia: Dante e il retroterra trobadorico
Riccardo Viel
La consecuzione De vulgari eloquentia – Commedia: Dante e il
retroterra trobadorico
Il saggio individua un rapporto etimologico tra le occorrenze
del verbo abborrare nei canti XXV e XXXI dell’Inferno e l’occorrenza
dell’aggettivo reburra nel De vulgari eloquentia. Mettendo in
rapporto tali occorrenze con il retroterra trobadorico l’Autore ritiene
di poter proporre una nuova interpretazione retorica dell’uso del
verbo nella Commedia.
The essay identifies an etymological connection between the
occurrences of the verb abborrare in cantos 25 and 26 of Dante’s
Inferno, and the occurrence of the adjective reburra in De vulgari
eloquentia. The author believes that by relating such occurrences
with the Provençal background, he can offer a new rethorical
interpretation of the verb’s use in Dante’s Comedy.
Qualche postilla al Canto XXIV del Paradiso
Valerio Magrelli
Qualche postilla al Canto XXIV del Paradiso
Il saggio ha come oggetto il XXIV canto del Paradiso, canto che
rappresenta il primo incontro di Dante con Pietro. Il canto rappresenta uno snodo fondamentale, perché attesta le competenze di Dante,
competenze ritenute indispensabili per proseguire il suo viaggio.
Nella lettura del canto l’A. si sofferma in particolare su due nuclei:
da un lato il momento dell’esame, dall’altro la comparso di un congegno
meccanico, appena affacciatosi all’orizzonte dell’universo
quotidiano dantesco: l’orologio.
The essay deals with Paradiso XXIV which features the first encounter
of Dante with St. Peter: a fundamental turning point in the
narration, since their meeting is expedient for ascertaining Dante’s
entitlement to continue on his journey. The author concentrates both
on Dante’s examination by St. Peter, and on the presence in the canto
of the clock, a mechanical device which had only very recently been
introduced in the everyday life of Dante and his contemporaries.
«I’ sapea già di tutti quanti ’l nome»: percorsi della nominazione e appellativi in Dante
Valentina Atturo
«I’ sapea già di tutti quanti ’l nome»: percorsi della nominazione e
appellativi in Dante
L’articolo traccia una fenomenologia delle funzioni del nome
nella Commedia congiungendo la componente onomastica con gli
epiteti (Virgilio, Stazio, Matelda e Beatrice). L’analisi comparata dei
due campi d’indagine mette a fuoco la presenza strategica di percorsi
nominali che attraversano il poema contribuendo ad arricchirne le
risonanze all’interno del theatrum memoriae.
The article outlines a phenomenology of the name functions
in the Divine Comedy joining the onomastic component with the
epithets (Virgilio, Stazio, Matelda and Beatrice). Comparative
analysis of the two areas of inquiry focuses on the strategic presence
of nominal paths crossing the poem and enriching the resonances
within the theatrum memoriae.
Apparenti aporie ritmiche nella Comedìa
Prospero Trigona
Apparenti aporie ritmiche nella Comedìa
Questo scritto analizza tre passi della Divina Commedia di Dante
servendosi della terminologia metrica classica che, nel caso specifico,
aiuta più della terminologia moderna a sottolineare il ritmo dei
versi. Attraverso l’analisi di aporiae scribendi e di aporiae legendi,
l’autore mostra come la relazione dialettica tra ritmo e significato
influenzi la lettura e la valutazione dei versi.
This paper is a scrutiny of three passages of Dante’s Comedy.
The approach to them is in terms of Latin metrics because the
old terminology helps more than the modern one to underline the
rhythm of verses. Analysing aporiae scribendi and aporiae legendi
the author shows how the dialectic relation between rhythm and
meaning has effect on the reading and the appreciation of verses.
Canto elegiaco o aspra dissonanza? Osservazioni su alcune traduzioni italiane da Trakl
Elisabetta Mengaldo
Canto elegiaco o aspra dissonanza? Osservazioni su alcune traduzioni
italiane da Trakl
Il saggio si concentra sulle traduzioni più significative delle liriche
del poeta austriaco Georg Trakl: di Giaime Pintor, di Leone
Traverso e (la più recente) di Pietro Tripodo. Mentre i primi due risentono
ancora dell’influenza ermetica e traducono Trakl inserendolo
in questo contesto stilistico e culturale, Tripodo traduce “imitando”
Trakl e cercando di conferire al verso italiano le caratteristiche
peculiari, seppure tra loro opposte, della lingua del poeta austriaco:
mantenendo dunque le dissonanze “moderne” (tipiche soprattutto
del tardo Trakl), sia di tipo sintattico che semantico o fonico, insieme
a tratti di arcaismo linguistico (spesso proveniente dal linguaggio
biblico) in netto contrasto rispetto a esse.
The essay focuses on the most prominent Italian translations
of Georg Trakl’s poems: those by Giame Pintor, by Leone Traverso
and by Pietro Tripodo (the latest one). While the first two ones
are still influenced by the Italian hermetism and translate Trakl by
embedding him in this cultural and stylistic context, Tripodo translates
by “imitating” the Austrian poet and by trying to transpose the
peculiarities of his language, although in contrast with each other, onto
the Italian verse: he preserves the syntactic, semantic and phonetic
“dissonances” (which are typical especially of Trakl’s late work)
together with features, in stark contrast with the former, of linguistic
archaism, which often descend from the Bible’s language.