Premessa
Roberto Antonelli
Metafore della solitudine nella letteratura monastica del XII secolo
Lorenzo Mainini
Metafore della solitudine nella letteratura monastica del XII secolo
La letteratura monastica del XII secolo, nel suo esercizio d’esegesi,
ha arricchito l’immaginario letterario medievale di figure e
simboli. Concentrandosi sul lessico della solitudine, l’articolo rintraccia
la ricorrenza di alcune metafore, nate nel testo biblico, commentate
dai Padri e dagli esegeti più tardi, sopravvissute infine nelle
letterature volgari.
In the Twelfth Century the monastic literature, through the
exegetical practice, gift the medieval literary imaginary with many
symbols. Restrict to loneliness’s vocabulary, the article see into the
recurrence of some metaphors, born in the Bible, explained by the
Fathers and by the following exegetes, endured in the romances
literatures.
Il plurilinguismo poetico e il caso di Bonifacio Calvo
Giuseppe Tavani
Il plurilinguismo poetico e il caso di Bonifacio Calvo (A proposito
di Un nou sirventes ses tardar, BdT 101,17)
L’articolo riprende in esame la questione relativa alla definizione
della lingua usata nella seconda cobla del noto sirventese trilingue
indirizzato dal trovatore genovese da Bonifacio Calvo ad Alfonso X
di Castiglia. Dopo aver esposto esaustivamente lo status quaestionis
T. prende in esame i versi 7 e 8-14 del testo, offrendone una lettura
critica e, considerando anche l’occasione e le modalità stilistiche ed
espressive del componimento, esclude l’uso dell’aragonese (cfr. E.
Blasco, 1987) e conferma il galego quale lingua in essi impiegata da
Bonifacio Calvo.
The article reexamines the question of the definition of the
language used in the second cobla of the well known trilingual
sirventese addressed to Alfonso the Tenth of Castilla by the Genoese
troubadour Bonifacio Calvo. After outlining the complet status
quaestionis T. carries out a full critical analysis of verses 7 and
8-14 and, in his analysis of circumstances, style, and expression of
the poem, he excludes the use of Aragonese (E. Blasco, 1987) and
confirms that Galego (Old Galician language) is the language used
by Bonifacio Calvo.
L’Ulysse de Dante et la modernité
Piero Boitani
L’Ulysse de Dante et la modernité
L’esame dei Diari di Victor Klemperer, dell’autobiografia di
Altiero Spinelli, e delle opere di Mussolini rivela che nel XX secolo
la figura dell’Ulisse di Omero e di Dante possiede un grande fascino
su uomini dalle inclinazioni ideologiche e politiche opposte. È necessario
quindi ritornare a Inferno XXVI e studiarlo con un occhio
alla modernità. Dante ha a sua disposizione tre tradizioni riguardanti
Ulisse. Le usa tutte, ma adattandole alle sue intenzioni e creando
un personaggio e una storia che sono aperti al moderno. Interpreti
ed esploratori dal Cinquecento in poi danno al suo Ulisse uno sviluppo
nuovo, che si concretizza nell’Ottocento, sin quando Primo
Levi riprende tragicamente in mano la figura nel lager di Auschwitz,
riconducendoci all’inizio.
A reading of Victor Klemperer’s Diaries, of Altiero Spinelli’s
autobiography, and of Mussolini’s works reveals that in the
twentieth century the figure of Homer’s and Dante’s Ulysses greatly
fascinates men of opposed ideological and political inclinations. It
is therefore necessary to return to Inferno XXVI and study it from
the point of view of modernity. Dante had at his disposal three
traditions regarding Ulysses. He uses them all, but adapting them
to his purpose and creating a story and a character which are open
to modern ideas. Interpreters and explorers from the sixteenth
century onwards gave his Ulysses a new development, which finds
its supreme realization in the nineteenth century, until Primo Levi
tragically reads his figure in the death camp of Auschwitz, bringing
us back to the beginning.
«Così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile, e attenta»: genesi e articolazioni dell’ad-miratio dantesca, (Pd. 33, 94-99)
Valentina Atturo
«Così la mente mia, tutta sospesa, / mirava fissa, immobile e attenta»:
genesi e articolazioni dell’ad-miratio dantesca (Pd. 33, 94-99)
Attraverso il concetto di ad-miratio, di cui si rilevano la valenza
semantica, gli usi tecnici e la contiguità con la tematica mistica della
suspensio mentis, il contributo propone un’analisi della metafora
dantesca dell’«ombra d’Argo» (Pd. 33, 94-99) per la quale sono riconosciuti
nell’immagine di “Beatrice-uccello” (Pd. 23, 1-15) e in Riccardo
di San Vittore rispettivamente l’anticipazione prospettica (-memoriale)
e la più probabile fonte d’ispirazione lessicale e dottrinale.
An analysis of the Dantesque metaphor of «ombra d’Argo» (Pd.
33, 94-99) is presented here and is interpreted through the concept
of ad-miratio and its semantic value, technical use and continuity
with the mystic thematic of suspensio mentis. The image of “bird
Beatrice” (Pd. 23, 1-15) and Richard St. Victor represent respectively
the perspective (-memorial) anticipation and the most likely lexical
and doctrinal source of inspiration.
I garofani audaci e sfortunati di Quevedo
Prospero Trigona
I garofani audaci e sfortunati di Quevedo
Questo scritto legge un sonetto d’amore di F. de Quevedo tenendo
in considerazione e discutendo le interpretazioni tradizionali,
ma ponendo particolare attenzione al suo sviluppo straordinariamente
simmetrico. All’interno della tradizione petrarchista, questo
sonetto costituisce una notevole variante: non ci sono pene d’amore,
ma aggressione e sconfitta. L’analisi esplora la ricca elaborazione
quevediana di campi semantici diversi, da quello psicologico a quello
religioso a quello civile, e conclude sottolineando il trionfo di un
gioco barocco in cui non è l’Amore che uccide ma la Bellezza.
This essay reads one of Quevedo’s love sonnets discussing
traditional interpretations, but taking into a particular consideration
the extraordinary symmetry of its development. In the Petrarchan
tradition, this sonnet results in an important variant: there are not
love’s labours but aggression and defeat. The analysis explores
Quevedo’s rich elaboration of different semantic areas: from the
psychological one to the religious one to the civil one, and concludes
underlining the triumph of a baroque game in which, out of tradition,
there is not death for love. The killer is not Love but Beauty.