La comunicazione orale: Omero ed Esiodo nell’arcipelago epico

Autore: Luigi Enrico Rossi
In: Critica del testo. XIII/3, 2010
doi:10.1400/160058
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Abstract

La comunicazione orale: Omero ed Esiodo nell’arcipelago epico
Dopo alcune osservazioni sui diversi approcci che si possono esercitare di fronte all’antichità classica si passa ad una panoramica sulla storia della comunicazione letteraria nella Grecia antica. In particolare vengono analizzati due passi dell’Odissea (XI, 362-369; XVII, 518-521) e uno delle Opere e i giorni di Esiodo (1-10), dai quali risultano evidenti da un lato l’importanza dell’aspetto visivo della comunicazione anche in epoca ‘aurale’ (per questo motivo si preferisce usare la definizione di aurale-visuale) e dall’altro la consapevolezza degli antichi del tipo di comunicazione e del modo in cui questa comunicazione avveniva. Partendo dall’ analisi del decimo verso dell’Odissea i poemi omerici vengono presentati come esempi di ‘opera aperta’, per i quali vengono introdotte le definizioni di ‘arcipelago’ e ‘spirale infinita’. Queste osservazioni, unite a quelle sulle “sezioni alternative” nelle Opere e i giorni di Esiodo, portano a concludere che i greci non fossero affatto sensibili all’unità dell’opera letteraria nel nostro senso moderno: sia nel caso di Omero sia nel caso di Esiodo siamo di fronte non ad opere unitarie, ma a ‘conglomerati’. Per questo, tornando agli approcci all’antico elencati all’inizio, non basta aver archiviato l’approccio umanistico, ma è necessario abbandonare anche quello attualizzante e aderire all’approccio storico.

After a concise examination of three possible different approaches to classical antiquity the author draws a short history of literary communication in ancient Greece. He discusses in particular three epic passages (two from the Odyssey and one from Hesiod’s Works and Days): these passages clearly illustrate the crucial importance of the visual aspect of communication in the ‘aural’ age and show how the ancients were aware of the typology and modality of this communication. Starting from the analysis of Od. 10, the Homeric poems are presented as an example of an ‘open work’, which should be better described as an “archipelago” or “infinite spiral”, definitions that underline the open character of these literary products. These observations together with the analysis of the “alternative sections” in Hesiod’s Works and Days lead to the conclusion that the ancient Greeks did not know ‘literary unity’ in our modern sense: both the Homeric poems and Hesiod’s Works and Days are far from the modern concept of literary unity, and are better understood as “conglomerates”. For this reason we need to abandon the actualizing approach to classical antiquity, just as in the past we relinquished the humanistic one: the best approach is the historical one.