La comunicazione orale: Omero ed Esiodo nell’arcipelago epico
Dopo alcune osservazioni sui diversi approcci che si possono
esercitare di fronte all’antichità classica si passa ad una panoramica
sulla storia della comunicazione letteraria nella Grecia antica. In particolare
vengono analizzati due passi dell’Odissea (XI, 362-369; XVII,
518-521) e uno delle Opere e i giorni di Esiodo (1-10), dai quali risultano
evidenti da un lato l’importanza dell’aspetto visivo della comunicazione
anche in epoca ‘aurale’ (per questo motivo si preferisce usare
la definizione di aurale-visuale) e dall’altro la consapevolezza degli
antichi del tipo di comunicazione e del modo in cui questa comunicazione
avveniva. Partendo dall’ analisi del decimo verso dell’Odissea
i poemi omerici vengono presentati come esempi di ‘opera aperta’,
per i quali vengono introdotte le definizioni di ‘arcipelago’ e ‘spirale
infinita’. Queste osservazioni, unite a quelle sulle “sezioni alternative”
nelle Opere e i giorni di Esiodo, portano a concludere che i greci non
fossero affatto sensibili all’unità dell’opera letteraria nel nostro senso
moderno: sia nel caso di Omero sia nel caso di Esiodo siamo di fronte
non ad opere unitarie, ma a ‘conglomerati’. Per questo, tornando
agli approcci all’antico elencati all’inizio, non basta aver archiviato
l’approccio umanistico, ma è necessario abbandonare anche quello
attualizzante e aderire all’approccio storico.
After a concise examination of three possible different approaches
to classical antiquity the author draws a short history of literary
communication in ancient Greece. He discusses in particular three
epic passages (two from the Odyssey and one from Hesiod’s Works
and Days): these passages clearly illustrate the crucial importance
of the visual aspect of communication in the ‘aural’ age and show
how the ancients were aware of the typology and modality of this
communication. Starting from the analysis of Od. 10, the Homeric
poems are presented as an example of an ‘open work’, which should
be better described as an “archipelago” or “infinite spiral”, definitions
that underline the open character of these literary products. These
observations together with the analysis of the “alternative sections” in
Hesiod’s Works and Days lead to the conclusion that the ancient Greeks
did not know ‘literary unity’ in our modern sense: both the Homeric
poems and Hesiod’s Works and Days are far from the modern concept
of literary unity, and are better understood as “conglomerates”. For
this reason we need to abandon the actualizing approach to classical
antiquity, just as in the past we relinquished the humanistic one: the
best approach is the historical one.