Cavalcanti cortese : ancora su Donna me prega, vv. 57-62

Autore: Furio Brugnolo
In: Critica del testo. IV/1, 2001
doi:10.1400/121510
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Abstract

Cavalcanti “cortese”. Ancora su Donna me prega, vv. 57-62
A partire dall’esegesi di alcuni passi emblematici di Donna me prega, si sostiene che non è possibile interpretare e valutare storicamente la canzone prescindendo dalla concezione “cortese” dell’amore ereditata dalla grande tradizione lirica romanza che fa capo, in ultima istanza, ai trovatori. In Donna me prega – che costituisce la sintesi e il coronamento dell’intera produzione lirica cavalcantiana, in un rapporto che è di reciproca illuminazione – il nucleo centrale della dottrina della fin’amor viene salvaguardato e ribadito, contro ogni posizione tesa a negare o svalutare la centralità dell’esperienza lirica e il suo statuto di “verità”, attraverso la sua riformulazione in termini di filosofia naturale, mirabilmente superato: è la risposta (speculare e antitetica a quella data da Dante con la Vita nuova) alla “crisi” di quel modello messa in moto, in Italia, principalmente da Guittone d’Arezzo.

Starting with the exegesis of some emblematic passages from Donna me prega, the author maintains that it is impossible to interpret and evaluate the lyric from a historical viewpoint without taking into account the conception of courtly love inherited from the great tradition of the romance lyric, which ultimately derives from the troubadours. Donna me prega constitutes the synthesis and the crowning achievement of the entire lyrical production by Cavalcanti. It reiterates and defends the central core of the doctrine of the fin’amor against every opinion that tends to deny or devalue the centrality of lyrical experience and its statute of “truth” by considering this admirably surpassed by being reformulated in terms of natural philosophy. It is a response, specular but antithetical to that given at that time by Dante in Vita Nova, to the crisis of the process initiated in Italy mainly by Guittone d’Arezzo.