Cavalcanti “cortese”. Ancora su Donna me prega, vv. 57-62
A partire dall’esegesi di alcuni passi emblematici di Donna me
prega, si sostiene che non è possibile interpretare e valutare storicamente
la canzone prescindendo dalla concezione “cortese”
dell’amore ereditata dalla grande tradizione lirica romanza che fa
capo, in ultima istanza, ai trovatori. In Donna me prega – che costituisce
la sintesi e il coronamento dell’intera produzione lirica cavalcantiana,
in un rapporto che è di reciproca illuminazione – il nucleo
centrale della dottrina della fin’amor viene salvaguardato e ribadito,
contro ogni posizione tesa a negare o svalutare la centralità
dell’esperienza lirica e il suo statuto di “verità”, attraverso la sua riformulazione
in termini di filosofia naturale, mirabilmente superato:
è la risposta (speculare e antitetica a quella data da Dante con la
Vita nuova) alla “crisi” di quel modello messa in moto, in Italia,
principalmente da Guittone d’Arezzo.
Starting with the exegesis of some emblematic passages from
Donna me prega, the author maintains that it is impossible to interpret
and evaluate the lyric from a historical viewpoint without taking
into account the conception of courtly love inherited from the
great tradition of the romance lyric, which ultimately derives from
the troubadours. Donna me prega constitutes the synthesis and the
crowning achievement of the entire lyrical production by Cavalcanti.
It reiterates and defends the central core of the doctrine of
the fin’amor against every opinion that tends to deny or devalue
the centrality of lyrical experience and its statute of “truth” by considering
this admirably surpassed by being reformulated in terms
of natural philosophy. It is a response, specular but antithetical to
that given at that time by Dante in Vita Nova, to the crisis of the
process initiated in Italy mainly by Guittone d’Arezzo.